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L’uso della PEC: i dubbi irrisolti (seconda parte)

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La posta elettronica certificata esiste solamente in Italia. Altre nazioni stanno iniziando ad individuare sistemi di comunicazione elettronica cui attribuire valore legale, ma nessun Paese si èdotato di un sistema legislativo e tecnologico all’avanguardia quanto il nostro.

Il legittimo orgoglio deve perಠlasciare il passo ad un’amara constatazione: per forza di cose èimpossibile utilizzare la posta elettronica certificata nelle comunicazioni internazionali. Il destinatario, giocoforza, dev’essere a sua volta attrezzato con la PEC nostrana.


Un problema di natura diversa riguarda la privacy, per quanto la legge abbia cercato di tutelarla. Ogni ordine professionale dovrà  allestire un elenco di tutte le caselle PEC degli iscritti, accessibile on line sui siti ufficiali.

La legge ha fissato che, per evitare che lo spam intasi le caselle, solo gli enti pubblici siano autorizzati a consultare tali elenchi, e solo per finalità  istituzionali. Se perಠgli elenchi saranno presenti sui siti web (anche se, presumibilmente, non su pagine pubbliche), come sarà  possibile accertare con tanta sicurezza che nessun curioso vi possa accedere?


àˆ anche da chiedersi quanti fra coloro che diligentemente hanno attivato una casella PEC sono a conoscenza del fatto che una missiva inviata in forma certificata s’intende notificata per il fatto stesso della spedizione, anche se il destinatario non l’ha materialmente letta (come avviene, d’altronde, per le raccomandate postali), con la necessaria conseguenza di dover verificare la propria casella con frequenza.

Alcuni professionisti si sono persino posti un problema strettamente pratico: la casella PEC si potrà  utilizzare anche per fini non professionali oppure questo èda ritenersi inammissibile?
Un ultimo dubbio, infine, riguarda i soli avvocati: non èchiaro che rapporti ci siano il generale obbligo della PEC e l’obbligo specifico della casella certificata richiesta per le procedure del processo telematico.