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Fallimento piccolo imprenditore

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La procedura fallimentare èmolto lunga e onerosa: per questo la legge la considera utile per i vari portatori d’interesse solo quando l’impresa sia di medie o grandi dimensioni.

Per le aziende minori, invece, non ne vale sostanzialmente la pena e per soddisfare i creditori appaiono pi๠utili le ordinarie procedure esecutive individuali.

La legge, percià², esclude che il “piccolo imprenditore” sia suscettibile di fallimento. Ma chi èil piccolo imprenditore? Questa definizione ècambiata molte volte, e solo le nuove regole entrate in vigore dal primo gennaio 2008 dovrebbero essere quelle definitive.


Il piccolo imprenditore èoggi colui che presenta congiuntamente tre condizioni di genere dimensionale. L’attivo patrimoniale non deve aver superato i trecentomila euro nei tre esercizi precedenti, o dalla data di avvio dell’attività  se pi๠recente; i ricavi dell’ultimo esercizio non devono aver superato i duecentomila euro nello stesso arco temporale; il totale dei debiti attualmente in essere, scaduti e non scaduti, non deve superare i cinquecentomila euro.


La mancanza di uno solo dei requisiti rende inapplicabile la disciplina del piccolo imprenditore, e dunque l’impresa puಠfallire. àˆ da notare che non assume rilievo la circostanza che si tratti di ditta individuale o società .

Va anche ricordato che quando il totale dei debiti scaduti non supera la soglia di trentamila euro il fallimento non puಠessere dichiarato, o, se questo dato emergesse solo in seguito alla sentenza di fallimento, la procedura èimmediatamente chiusa.

Tutti i requisiti descritti finora sono di tipo soggettivo: servono cioèper individuare quali soggetti sono potenzialmente suscettibili di fallimento e quali no. Altrettanto rilevante, perà², èil requisito di ordine oggettivo, che descrive cioèla situazione in cui versa l’imprenditore commerciale: lo stato di insolvenza. Ma cosa significa esattamente?