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Offese al datore di lavoro da parte del sindacalista

Il licenziamento èda considerarsi un provvedimento eccessivo qualora venga intimato nei confronti di un dipendente che veste i panni di sindacalista e che offende il datore di lavoro.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n° 15165 dell’11 settembre 2012, che ha rigettato il ricorso presentato da una società  che chiedeva la conferma di un licenziamento intimato ad un dipendente che, nella sua veste di sindacalista, si era rivolto al datore di lavoro definendolo “sbruffone”.


I giudici della Suprema Corte, in particolare, hanno confermato la decisione della Corte d’Appello, che aveva dichiarato l’illegittimità  del licenziamento e disposto la reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro, condannando al contempo il datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni che sarebbero spettate al lavoratore se non fosse stato licenziato e relative quindi al periodo compreso tra la data del licenziamento e quella del ripristino del rapporto di lavoro.

Secondo la Cassazione, in particolare, la gravità  della reazione verbale del lavoratore non era proporzionata alla sanzione, in quanto l’episodio èavvenuto nell’ambito di un’aspra protesta istintiva da parte di un lavoratore che vestiva i panni di sindacalista, a seguito dell’adozione di un provvedimento di riduzione del personale e in un momento di particolare conflittualità  tra le parti.

In altre parole, in considerazione del contesto in cui il fatto èavvenuto, si ritiene che il comportamento del lavoratore sindacalista non abbia determinato un danno di immagine al datore di lavoro, per cui il licenziamento si configura come un provvedimento eccessivo.