Dipendenti pubbliche, pensione a 65 anni dal 2012

Siamo arrivati probabilmente alla svolta finale nella tormentata vicenda dell’età  pensionabile per le donne che lavorano per la Pubblica Amministrazione.

Come si ricorderà , la Corte di Giustizia Europea aveva condannato l’Italia per la differente età  riservata alle donne (60 anni) operanti nel pubblico impiego rispetto a quella degli uomini (65 anni). La condanna, secondo la Corte, deriva dalla considerazione che le donne, avendo il diritto/dovere di andare in pensione prima, non possono maturare contributi sufficienti a garantirsi una rendita paragonabile a quella dei colleghi di sesso maschile. Da qui, l’obbligo di uniformare i due valori.

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Stipendi donne bassi e ruoli minori

Il centro studi Sintesi ha elaborato, sulla base dei dati forniti dall’ISTAT, un’analisi aggiornata sulla situazione delle donne nel mondo del lavoro all’interno del nostro Paese.

Il quadro èsconfortante, soprattutto se posto in confronto con le medie degli Stati nordeuropei e con gli obiettivi prefissati dai trattati comunitari.

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Insegnamento e infermeria la strada per le donne lavoratrici

infermiera

Secondo le statistiche, le donne oggi occupate nel nostro Paese sono circa 9.300.000, corrispondenti a due lavoratori su cinque. Il loro numero ècrescente da tempo ormai immemorabile, ma rispetto ai colleghi maschi restano comunque in numero inferiore.

A parte i numeri, comunque, la differenza principale sta nelle mansioni svolte e nelle qualifiche ricoperte: le lavoratrici dipendenti, nella grande maggioranza, sono impiegate e operaie, mentre soltanto una nicchia riesce a raggiungere le posizioni pi๠ambite (quadri e dirigenti). Oltre duecentomila donne, inoltre, sono collaboratrici familiari dell’azienda gestita dal marito.

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Promuovere le pari opportunità  conviene all’azienda

lavoratrice donna

Quello delle pari opportunità  èun capitolo assolutamente sfumato all’interno delle relazioni interaziendali.

La legge, infatti, promuove l’adozione, da parte dei datori di lavoro, di “azioni positive” che favoriscano il raggiungimento dell’effettiva parità  sul luogo di lavoro fra uomo e donna, soprattutto a favore delle giovani mamme o delle lavoratrici in procinto di sposarsi, spesso destinatarie di ingiustificati licenziamenti.

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