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Mutui e jus variandi

Una delle modifiche certamente pi๠importanti introdotte dal decreto legislativo n. 141/2010 concerne il cosiddetto “jus variandi”. Nel diritto privato, si definisce cosଠil potere riconosciuto ad una delle due parti di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali.

Questo potere, ovviamente, pone uno dei due contraenti in una posizione sovraordinata rispetto alla controparte: èperciಠindispensabile che vi sia una clausola nel contratto stesso che lo preveda espressamente.


Spesso e volentieri, comunque, tale clausola èimposta nei contratti bancari senza che, di fatto, il comune cittadino possa contrastarla (a rischio di vedersi rigettata l’istanza di mutuo).
Il legislatore ha ora modificato l’articolo 118 del Testo Unico Bancario, stabilendo condizioni precise e certo pi๠favorevoli al cliente. Innanzitutto, si stabilisce un’inedita distinzione fra i contratti di durata (quelli, cioà¨, che producono i loro effetti nel tempo e non istantaneamente): i rapporti a tempo determinato sono ora distinti da quelli tempo indeterminato.

Ebbene, se per questi ultimi lo jus variandi permane sostanzialmente immutato qualora previsto nel contratto, per i primi (fra cui appartengono i mutui, il cui piano di ammortamento èdefinito a priori) le regole sono ora cambiate.
Infatti, èora sଠconsentito di inserire nel contratto le clausole sullo jus variandi, ma questo non puಠmai riguardare i tassi di interesse: èpossibile prevedere la variazione unilaterale delle altre clausole (e solo se vi sono valide giustificazioni), ma non quelle che vanno a toccare le tasche del mutuatario.


La variazione desiderata dalla banca deve essere comunicata al cliente con almeno sessanta giorni di anticipo; costui la potrà  accettare espressamente o comunque non opporsi (e varrà  cosଠil silenzio-assenso). Se invece il cliente si oppone a tale variazione nel tempo citato, puಠrecedere dal contratto, che sarà  liquidato sulla base delle condizioni previgenti.

Fonte: Il Sole 24 Ore