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Efficacia probatoria delle scritture contabili

Gli articoli 2709 e 2710 del Codice Civile stabiliscono scrupolosamente se e fino a che punto le scritture contabili acquisiscono rilievo all’interno di un processo civile. Esse, infatti, possono costituire prova sia a favore che contro l’imprenditore, ma con una differenza sostanziale.

L’imprenditore, infatti, puಠimpiegarle nelle sue cause contro i terzi solo quando siano state rigorosamente rispettate le regole formali sulla loro tenuta: dunque, niente interlinee, niente abrasioni, niente spazi in bianco e cosଠvia.


Quest’obbligo, naturalmente, non èrichiesto alla controparte, che dunque puಠsfruttare le scritture contabili anche qualora siano state tenute in maniera irregolare. Tale controparte, perà², puಠessere esclusivamente un altro imprenditore. Il motivo èvidente: si vuole garantire la parità  fra tutte le parti in causa, affinchè ognuno possa utilizzare come prova le proprie scritture. Se cosଠnon fosse, un privato cittadino sarebbe ovviamente svantaggiato.


Vi èpoi un requisito da rispettare sempre: non si puಠmai scindere il contenuto dei registri. Se, per esempio, da una registrazione risulta che in data 20 marzo Tizio contrae un debito verso Caio e da un’altra che il 20 aprile l’ha saldato, Caio non potrà  pretendere di considerare solamente la prima delle due scritture pur di dimostrare di essere ancora creditore. Le scritture contabili, dunque, se utilizzate come prove devono essere considerate integralmente.

Trattandosi di un mezzo di prova che la legge prevede a favore anche dei terzi, in giudizio questi potranno pretendere che l’imprenditore le esibisca; qualora costui si rifiutasse ingiustificatamente di presentarle in aula, sarebbe come ammettere di avere torto con tutte le inevitabili conseguenze.
Questo mezzo di prova puಠessere “sconfitto” solamente dimostrando con altre prove che le scritture contabili sono inattendibili.