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Trattamento di fine rapporto: prima parte

Dimissioni

Per le sue prestazioni, il lavoratore ha diritto alla retribuzione. Essa si suddivide in due componenti: quella immediata, che viene corrisposta periodicamente (in genere ogni mese), e quella differita, che invece ècorrisposta solo alla conclusione del rapporto di lavoro, qualunque sia la causa: scadenza del termine, scioglimento consensuale, impossibilità  sopravvenuta, dimissioni, licenziamento, morte del lavoratore (e in questo caso, a godere della retribuzione differita saranno ovviamente gli eredi).

La componente di retribuzione differita, chiamata nel linguaggio comune “liquidazione”, èdefinita dalla legge come “trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato” (TFR).

Mentre l’ammontare della retribuzione immediata èriservata alla libera contrattazione (a livello individuale o sindacale), l’entità  della retribuzione differita èstabilita rigidamente dalla legge.

Attualmente, infatti, la determinazione del TFR èstabilita dall’art. 2120 del Codice Civile, che assunse l’attuale formulazione nel 1982, per avvicinare l’Italia alle norme comunitarie.


Il trattamento ècostituito da due distinte componenti: la quota corrente e la quota di rivalutazione. La prima si determina secondo un complesso calcolo: occorre considerare tutte le somme erogate dal datore di lavoro nel corso di ogni anno in relazione al rapporto di lavoro a qualsiasi titolo (salario, indennità , beni in natura, stock options ecc., escluse le liberalità  occasionali e i rimborsi spese) e dividere per 13,5.


La quota di rivalutazione ha invece la finalità  di adeguare il TFR già  maturato al costo della vita: ogni anno, dunque, l’intero trattamento èrivalutato impiegando un’aliquota calcolata secondo un procedimento piuttosto complesso.