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Lavoro minorile e lavoratrici-madri (III)

Come già  accennato, il complesso sistema di tutele previsto per le donne lavoratrici èstato spazzato via nel 1977, in quanto fortemente avversato dai movimenti femministi e ritenuto lesivo della parità  fra i sessi. Restavano in piedi solo il divieto di lavoro notturno (cancellato a sua volta diversi anni dopo) e una norma di tutela molto particolare, tuttora vigente: il divieto di licenziamento intimato alla lavoratrice nel cosiddetto “periodo matrimoniale”, ossia dalla data della pubblicazione degli annunci nuziali fino ad un anno dopo la celebrazione del matrimonio.


Il licenziamento dichiarato in questo arco temporale èdunque nullo, a meno che non vi sia una giusta causa. àˆ da notare che non esiste una norma analoga a favore dei lavoratori di sesso maschile, giacchè l’obiettivo èquello di scongiurare il triste fenomeno (un tempo frequente) dei licenziamenti motivati dal rischio che la lavoratrice rimanga incinta nel periodo considerato.

Per il resto, non esistono altre leggi che tutelano la donna in quanto tale. Le norme del 1977, tuttora in gran parte vigenti, si limitano a ribadire i principi costituzionali del divieto di discriminazioni (nelle retribuzioni, nelle assunzioni, negli avanzamenti di carriera…).

Tali dichiarazioni di principio, tuttavia, rischiavano di restare lettera morta, a causa di frequenti discriminazioni avvenute agendo fra le pieghe della legge. Un esempio classico èquello delle ricerche di lavoro rivolte solamente a favore di chi supera una certa statura: a parità  di condizioni, le donne sono ovviamente penalizzate.


Per questo motivo, il legislatore ètornato sull’argomento nel 1991, con la famosa legge n. 125 sulle pari opportunità . In pratica, l’obiettivo èquello di eliminare gli ostacoli che, di fatto, impediscono un’effettiva parità  fra uomo e donna negli ambienti di lavoro.