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Investimenti esteri in Italia

In un anno gli investimenti esteri diretti in Italia sono raddoppiati passando, fra il 2005 e il 2006, da 16 a 31 miliardi di euro. Nonostante questo, pero’, l’Italia e’ scesa sotto il 15mo posto nella classifica internazionale dei destinatari di investimenti esteri diretti.

Il dato e’ stato comunicato da Unioncamere. Il peso crescente degli investimenti esteri in Italia proviene da 5 paesi: Paesi Bassi, Francia, Spagna, Regno Unito e Usa.

Se si ordinano le imprese per settore di attività  economica, quelle a controllo estero si posizionano soprattutto (50%) nei settori commerciali e meno in quelli industriali, con alcune eccezioni come nella chimica–farmaceutica (14%).




La presenza dei gruppi esteri in imprese commerciali mette in luce una strategia di presidio territoriale di un mercato, quello italiano, che complessivamente èattrattivo sia per le sue dimensioni (57 milioni di abitanti) sia per il profilo del reddito e di abitudini di consumo dei clienti.

àˆ poi un dato generale che le strategie di internazionalizzazione perseguite da gruppi industriali tendono a localizzare le attività  produttive in paesi con ridotti costi dei fattori produttivi e a insediare invece imprese commerciali con funzioni di coordinamento e di controllo sui mercati di sbocco in paesi sviluppati.

Se si osserva la distribuzione delle imprese per nazionalità  degli azionisti in un settore tipico del made in Italy, l’alimentare, si trova conferma alla tendenza a una presenza di investitori esteri presso imprese medio–grandi: tra le prime cento imprese alimentari, ordinate sempre per fatturato, circa quindici sono a controllo estero con un fatturato medio di 770 milioni euro contro 172 milioni euro per le imprese a controllo italiano.

Nel complesso quindi, da questi dati emergerebbe che gli investitori esteri siano attratti in Italia da imprese medio – grandi che portano in dote alte quote di mercato e che il livello di apertura delle imprese a azionisti esteri èalto, ma con una elevata diversità  settoriale, che rispecchia le specializzazioni economiche di ciascun paese.

E’ preferibile un azionista italiano rispetto a uno estero ?

Gli analisti del mercato sono convinti che la nazionalità  dell’azionista di controllo sia neutrale ai fini dell’incremento di efficienza dell’impresa. Se ne puಠconcludere che la sensibilità  nei confronti dell’assetto proprietario sia maggiore quando sono coinvolte alcune specifiche imprese, specie se operanti in settori a valenza pubblica

Intanto, nel panorama europeo – in Francia e Germania, per esempio – non èda sottovalutare il diffondersi di politiche nazionalistiche tese a contrastare, l’ingresso di azionisti esteri, seppure limitato a settori ritenuti strategici per l’interesse del paese.