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Ragionevole durata del fallimento

La legge Pinto ha stabilito il principio secondo il quale, quando un procedimento giudiziario supera i limiti della “ragionevole durata”, le parti in causa hanno diritto a pretendere un risarcimento dallo Stato.

In questi anni la Corte di Cassazione ha provato a dare un valore al concetto di ragionevole durata, ipotizzando un traguardo di cinque anni perchè scatti l’indennizzo nei processi di primo grado, che perಠsale a sette nei casi delle procedure fallimentari, normalmente piuttosto complesse da gestire.


In Italia, tuttavia, la media di durata di un fallimento èpari a 9,5 anni, molto di pi๠delle previsioni della Suprema Corte. Il calcolo èstato eseguito dal ministero della Giustizia, studiando le procedure aperte e chiuse fra il gennaio 2001 e il giugno 2009.

àˆ pur vero che il numero complessivo delle procedure tende a decrescere, in virt๠della riforma del 2006 che ha ridotto i casi in cui viene aperto un fallimento e ha imposto tempi pi๠rapidi. Tuttavia, a pesare come macigni sono soprattutto ancora i procedimenti aperti prima della riforma; se a questo si aggiungono i soliti problemi della giustizia italiana, a partire dalle spaventose carenze dell’organico sia della magistratura che delle cancellerie, la spiegazione dell’allarme èpresto trovata.

Il dato medio, ovviamente, annacqua le singole prestazioni dei tribunali italiani. Sugli scudi va Trento, con la media di cinque anni e un mese, mentre in fondo alla classifica langue Caltanissetta, dove incombe l’incredibile durata media di ventidue anni e tre mesi.


“Il Sole 24 Ore” ha provato a fare qualche calcolo di massima. Se, applicando la legge Pinto, il debitore e un creditore per ogni procedura (ma essi sono talvolta centinaia) chiedessero un risarcimento, lo Stato sperpererebbe almeno mezzo miliardo di euro all’anno.