La legge sul commercio definisce esercizi di vicinato i locali commerciali la cui superficie non supera i 150 metri quadrati..

Per calcolare la superficie deve farsi riferimento alle aree dove effettivamente viene esercitato il commercio ai terzi, escludendo quindi depositi, uffici, parcheggi o spazi di altro genere.
Se per aprire un esercizio di vicinato è sufficiente una dichiarazione preventiva al Comune e il silenzio-assenso di quest’ultimo nei trenta giorni successivi, per le medie strutture di vendita è necessaria un’autorizzazione del Comune, che va richiesta dall’aspirante imprenditore. Se comunque il Comune non ha dato risposta entro novanta giorni, l’autorizzazione s’intende concessa.
Per le grandi strutture, infine, è ugualmente necessaria un’autorizzazione, ma la procedura è più complessa. Occorre, infatti, che sulla decisione deliberi una conferenza di servizi, cui partecipino un rappresentante della Regione, uno della Provincia e uno del Comune. La delibera è presa a maggioranza, ma il consenso del rappresentante regionale è comunque inderogabile. Il silenzio-assenso non è previsto.
Alla conferenza partecipano anche, con diritto di intervento ma senza possibilità di voto, anche i rappresentanti dei Comuni confinanti e delle associazioni di categoria.
Lo scopo di tali differenziate procedure è evidente: se il piccolo negozio di quartiere è una ricchezza da tutelare con procedure semplificate al massimo, il grosso esercente può avere un impatto significativo e non sempre positivo sull’economia del territorio e dunque la sua posizione va valutata con la dovuta attenzione.