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Prelievo fiscale insostenibile per le imprese

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Quando a sparare a zero sul nostro sistema tributario èuna singola statistica, il suo significato èmolto relativo. Quando perà², una dopo l’altra, sono ormai innumerevoli gli studi che arrivano a sostenere le stesse tesi, qualcosa di vero ci deve essere per forza.

Ora èil turno delle ricerche condotte dal gruppo World Bank, che ha messo a confronto 181 nazioni del mondo, confrontandole su due punti di paragone diversi e altrettanto interessanti.

Innanzitutto, si èpresa in considerazione la pressione fiscale reale, definita dal rapporto fra l’insieme delle imposte pagate e gli utili che emergono in bilancio. Se l’IRES italiana sembra avere un peso elevato ma tutto sommato in linea con gli altri Paesi europei, èl’anomalia dell’IRAP a far schizzare verso l’alto il dato complessivo. L’imposta regionale, infatti, non ha alcun paragone nei sistemi impositivi esteri, e la somma di entrambi i tributi porta la pressione fiscale ad un livello insostenibile.

La somma delle rispettive aliquote nominali èrisicata (oggi èal 31,4%), ma in realtà  occorre considerare anche i numerosi costi indeducibili, che rendono ben pi๠elevata la base imponibile e, di conseguenza, il carico fiscale.


Il risultato èche l’Italia èultima fra i Paesi comunitari, e addirittura centosessantaseiesima fra tutti gli Stati considerati nella statistica, arrivando addirittura a punte del 73% di pressione reale.
Per la cronaca, la nazione che sembra pi๠amica dei contribuenti èl’arcipelago delle Vanuatu, nel Pacifico, con appena l’8,4%, mentre il Paese che nell’ultimo anno ha ridotto pi๠drasticamente le tasse sulle imprese èla Repubblica Dominicana.


Ma anche il secondo dato ètutt’altro che confortante per l’Italia: si tratta del grado di difficoltà  degli adempimenti fiscali, in cui il nostro Paese ècentoventottesimo.