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Quando non vale la protezione dello scudo (prima parte)

Non tutti coloro che hanno illecitamente esportato o detenuto ricchezze di ogni genere all’estero possono sperare di ottenere l’assoluzione per i loro peccati ricorrendo allo scudo fiscale; esistono infatti diverse ipotesi in cui la legge prevede una sorte ben differente.

Le norme, infatti, stabiliscono che la protezione non èaccordata a coloro nei cui confronti sia già  stata avviata un’attività  di accertamento da parte degli organi dell’Amministrazione Finanziaria.


àˆ, d’altronde, un’ipotesi persino scontata: sarebbe inimmaginabile che allo scudo fiscale possano ricorrere coloro le cui malefatte sono già  state scoperte.
Se l’accertamento riguarda un singolo periodo d’imposta, comunque, gli altri periodi sono “scudabili”; analogamente, se il controllo riguarda determinati redditi, gli altri possono finire sotto l’ombrello dello scudo fiscale, purchè se ne segua correttamente la procedura.

In dettaglio, esistono tre casi specifici: l’ipotesi per cui il contribuente ha iniziato a subire ispezioni e verifiche, anche se per ora non avessero portato ad alcuna conclusione; quella in cui, al contrario, èstata constatata e contestata una violazione; e quella per cui si sono verificate altre ipotesi di accertamento.
In merito a quest’ultima soluzione, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito, a titolo esemplificativo, che si tratta dei casi in cui la medesima Agenzia ha inviato al contribuente inviti a comparire e questionari.


A questo proposito, l’ente ha giocato un brutto scherzo a ben quarantamila contribuenti (evidentemente già  finiti nel mirino nei mesi scorsi, e che il Fisco voleva evitare di lasciarsi sfuggire), cui sono state inviate nelle settimane scorse altrettante lettere, in cui gli stessi venivano informati di controlli nei loro confronti e sottoposti a specifiche domande a proposito di loro proprietà  all’estero. In questo modo, i destinatari delle missive hanno potuto dire addio alla protezione dello scudo fiscale.