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Lavorare all’estero: retribuzioni convenzionali e doppia imposizione

Abbiamo chiarito che chi èfiscalmente residente in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta ètassato da noi per i redditi ovunque prodotti, includendo il lavoro eseguito all’estero.

Se il datore di lavoro èa sua volta residente in Italia (si pensi ad un dipendente dell’ENI impegnato all’estero), si applicano le regole ordinarie: trattenute in busta paga, CUD e gli altri adempimenti consueti.


Se invece il datore di lavoro èstraniero, la legge stabilisce una regola molto diversa. Il reddito da dichiarare in Italia non èquello effettivamente percepito (che d’altronde le nostre autorità  avrebbero difficoltà  a controllare), bensଠuno calcolato forfetariamente.

Ogni anno il ministero del Lavoro pubblica delle dettagliate tabelle in cui sono indicate le “retribuzioni convenzionali”, ossia i redditi da lavoro presumibili per le varie tipologie di mansioni e distinguendo fra le nazioni di residenza del datore (lo stipendio percepito in Svezia non sarà  lo stesso percepito in Turchia).

Normalmente le retribuzioni convenzionali non sono elevate, cosicchè la tassazione avviene su un reddito minore rispetto a quello effettivo. Se cosଠnon fosse, tuttavia, non èpossibile chiedere di essere tassati sul reddito effettivamente percepito: la legge non lo prevede.


In ogni caso, normalmente, il lavoratore italiano all’estero paga le imposte anche nel Paese dove si trova attualmente: ciಠsignifica che il medesimo reddito di lavoro rischia di essere tassato due volte. Per evitare la doppia imposizione, il nostro Paese stipula periodicamente accordi con gli altri Stati, al fine di garantire che lo stesso reddito sia tassato una volta sola.

In particolare, e laddove le convenzioni non prevedano altre soluzioni, in Italia il contribuente gode di un credito d’imposta per le tasse straniere, calcolato secondo un metodo piuttosto complesso che approfondiremo nel prossimo articolo.