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IVA, il valore normale perde importanza (I)

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Dopo un lungo iter parlamentare, l’aula di Montecitorio ha approvato in via definitiva la legge comunitaria 2008, che, come ogni anno, consente al nostro Paese di recepire nella propria legislazione gli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea.

Fra le novità  introdotte, alcune riguardano l’IVA, i cui fondamenti sono stabiliti a Bruxelles.


In particolare, crolla d’importanza il concetto di valore normale delle operazioni imponibili: esso èdefinibile come il corrispettivo “tipico” per la cessione di un dato bene o la prestazione di un dato servizio, individuato, laddove èpossibile, facendo riferimento ai prezzi applicati ordinariamente dal cedente, o, in mancanza, da transazioni analoghe effettuate da lui o da altre imprese nel recente passato in condizioni di tempo e di luogo assimilabili, o, ancora, prendendo come stella polare i listini registrati alla Camera di Commercio o le tariffe professionali.


Se nessuno di questi criteri porta a risultati concreti, il valore normale èdeterminato in via residuale come il prezzo pi๠probabile che s’ipotizza sia concordabile fra cedente e cessionario, supponendo entrambi come parti libere (dunque, in grado di contrattare ed eventualmente ritirarsi dalla negoziazione) e consapevoli (perfettamente consce, cioà¨, del valore effettivo dell’oggetto della cessione).

Per tanti anni, il valore normale èstato il criterio-guida per valutare ai fini IVA le operazioni di tipo gratuito: come noto, infatti, se si acquista un bene soggetto ad IVA nell’ambito professionale e imprenditoriale e successivamente lo si regala a terzi, o lo si trattiene per uso personale o familiare, o comunque lo si distoglie dalla sfera professionale senza rivederlo a terzi, l’operazione èsolitamente (salvo rare eccezioni) imponibile ai fini IVA, e non essendoci un corrispettivo su cui calcolare l’imposta, come base imponibile si èsempre ricorsi al valore normale. Ma ora la musica cambia notevolmente.